Dicembre 21, 2024

La libertà di Nick Mason

Il risultato della ritrovata energia di Nick Mason, che ha rinunciato all’elefantiasi delle produzione moderne, è LIVE AT ROUNDHOUSE, dove i suoi Saucerful Of Secrets si dimostrano credibili compagni di viaggio.

Cosa ti ha spinto a scegliere la London Roundhouse per registrare questo live?

Era un luogo in cui ci sentivamo a nostro agio. Noi ci avevamo suonato già e, naturalmente, anche i Floyd, che l’hanno inaugurata (15 Ottobre 1966 insieme ai Soft Machine per il festival All Night Rave) una storia che ci lega a quella situazione. Se c’è una cosa che ho imparato in 50 anni di concerti con i Pink Floyd, è che quando trovi un bel posto dove suonare, hai già fatto metà del lavoro! La Roundhouse, a questo riguardo, era davvero il luogo ideale!

In quest’ultimo anno avete suonato parecchio in giro, ma credo che il concerto più strano sia quello di New York (18 Aprile 2019), in cui è saltato fuori Roger Waters per Set The Controls For The Heart Of The Sun!

E’ stato divertente perché è uno dei miei amici di più vecchia data.; l’idea di fare qualcosa insieme dopo tanto tempo era bella. Non fu una sorpresa per me, perché con Roger ne avevamo già discusso, ma aveva perso il cellulare quel giorno e, quindi, non avevamo idea di cosa fare, a che ora si sarebbe presentato, se avrebbe cantato o meno. Tutto questo un’ora prima del concerto e, sì, c’era una certa ansia riguardo a cosa sarebbe successo. In modo tipicamente alla Waters, lui assunse il controllo dell’avvenimento, facendo tutto a modo suo. Fu molto bello!

Quindi si presentò sul palco..

Sì, senza farci sapere cosa avrebbe fatto! E’ riuscito comunque a padroneggiare la situazione e, come si vede nel video, ha funzionato tutto. 

Ti ha detto cosa pensava dello spettacolo?

Certo.. che si era divertito tanto e la cosa non poteva che farmi piacere. 

Vi siete presi una rivincita sui Sex Pistols citando la loro Holidays In The Sun durante The Nile Song..

(Ride) Credo sia stato Guy Pratt a suggerire la canzone. L’avrebbe sempre voluta suonare dal vivo, ma David era contrario. E’ il grande momento di Guy durante il concerto!

Una strana situazione in cui intercalate una citazione punk all’interno di un vostro pezzo, considerando che i Pink Floyd venivano considerati il nemico numero uno del punk.

Be’, Johnny Rotten sostiene di apprezzare i Floyd, ma l’avvento del punk abbia fatto del bene alla musica in senso lato. Allora il rock progressivo era diventato un po’ troppo autoreferenziale e ingombrante.

I vostri concerti si concludono con Point Me At The Sky.

Faceva parte della scaletta votata da tutti e durante l’anno di concerti sembrava che si prestasse bene a quello scopo, anche perché è piena di addii nel testo.

E’ inquietante la frase “Se siamo ancora vivi nel 2005”

Non è poi così diverso da cantare ‘1984’ o ‘2001’. Quello che al momento ci sembra un futuro remoto e impossibile diventa all’improvviso il tuo passato. E’ nella natura delle cose.

La suite Atom Heart Mother viene riproposta senza core e orchestra, come facevano anche i Floyd dal vivo. Secondo te avrebbe avuto lo stesso successo se fosse stato registrato così all’epoca?

E’ un’ottima domanda, ma purtroppo la risposta è che non ne ho più la pallida idea! Cioè, quel pezzo sarebbe stato troppo lungo senza l’orchestra, infatti le versioni dal vivo sono sempre più brevi, ma va anche detto che se non avessimo usato l’orchestra in studio l’avremmo registrato in maniera diversa, perché eravamo abbastanza in difficoltà con la tecnologia a nostra disposizione. Stavamo lavorando in multitraccia con il nastro da due pollici e la EMI all’epoca aveva dato la direttiva che nessuno dovesse occuparsi dell’editing o toccare i nastri. Immagino, per motivi tecnici legati alle testine del registratore e così via. Per non danneggiare gli attrezzi, insomma. Così io e Roger fummo costretti a incidere la sezione ritmica in presa diretta, senza tagli. Non è il massimo visto che dovevamo poi inserirci l’orchestra. Certo, sarebbe stato un lavoro diverso e non è detto che sarebbe diventato migliore. E’ stato però il nostro primo album in testa alle classifiche… per merito dell’orchestra.   

Un brano contemporaneo a Atom Heart Mother è la bellissima Embryo. Come mai non è stata inclusa nell’album essendo così affine come stile?

Ecco una cosa che mi sfugge. Me ne ero dimenticato, ma un motivo ci sarà stato! Lo eseguivamo dal vivo nello stesso periodo, in effetti… qualcuno avrà preso la decisione di toglierlo dalla scaletta, ma non ho idea del motivo.

In anni più recenti hai risuonato le parti di batteria di A Momentary Lapse Of Reason, la rinascita del gruppo..

In ultima analisi, secondo noi, ha sofferto troppo per l’abbondanza… abbiamo registrato troppo con troppi strumenti e sicuramente troppi musicisti. Volevamo ridurlo a qualcosa di più essenziale per dare un risultato maggiore alle composizioni. Questa è la mia opinione.

Quindi non diresti che averlo portato in tour (circa 197 date) vi ha fatto ripensare alcune cose?

Sicuramente dopo averlo suonato dal vivo per così tanto tempo ci ha fatto riflettere su quanto ho detto prima.

Cosa ha significato per te suonare con una formazione di 11 elementi per quella tournée?

Molto bello. Avere tre coriste sul palco è fantastico. C’era Scott Page al sassofono, ma qualsiasi strumento a fiato è affascinante. Se puoi farlo è sempre bello, inevitabilmente, così come è gratificante poi tornare a una formazione più essenziale per vedere se le composizioni reggono allo stesso modo.

L’ultimo concerto dei Pink Floyd è stato quello al Live8 (2005), parecchi anni fa ormai. Cosa ti è rimasto di quella esperienza?

E’ stato straordinario suonare tutti e quattro insieme, a prescindere dai tanti problemi che abbiamo avuto nel tempo, e farlo per una buona causa. Ovviamente non si potrà più ripetere senza Rick, e tutto sommato è stata una buona chiusura.

E Carrera Panamericana?

Quei brani erano davvero dei commenti sonori e non proprio degni di apparire in qualche pubblicazione “comune” ai Pink Floyd; erano piuttosto un progetto collaterale con David. Poi, aggiungi il fatto che sono stati registrati piuttosto in fretta… suonano più come una prova divertente di colonna sonora.

Su YouTube c’è il bellissimo filmato di Robert Wyatt a Top Of The Pops per promuovere la cover di I’m A Believer, in cui eri coinvolto, sia come musicista che come produttore. So che non filò tutto liscio con la BBC…

(Ride) Avevo lavorato con Robert a Rock Bottom e realizzammo il singolo di I’m A Believer, con al centro l’assolo di violino più strano al mondo (Fred Frith); andò così bene che ci chiesero di andare in tv. I problemi furono principalmente due. Intanto la presenza della sedia a rotelli, che la BBC non sapeva se mostrare oppure no. A noi sembrava una cosa piuttosto sbagliata, ma si riuscì a risolvere alla fine. L’altro problema è che non avevamo la possibilità di Mike Oldfield, che aveva suonato nel disco, e abbiamo tirato dentro Andy Summers, per fare almeno il playback.

La vostra storia tocca spesso il nostro Paese, basti pensare alla collaborazione con Antonioni o il film-concerto di Pompei. Forse a Venezia le cose non andarono esattamente secondo programma, ricordo molta ostilità nei vostra confronti.

In realtà il pubblico fu grandioso, ma, come abbiamo presto capito, si crearono due fazioni, quelli che credevano che fosse la migliore idea di tutti i tempi e quelli, immagino buona parte dell’amministrazione comunale, che temeva per l’integrità dei monumenti. Io ritengo che le strutture fossero perfettamente in grado di sopportare un po’ di rumore dopo aver resistito per secoli. Quindi la gente reagì in modo fantastico, ma qualche resistenza ci fu, ahimé. I gondolieri ci ricattarono, minacciando di suonare i fischietti per l’evacuazione, se non li pagavamo… ma si erano già fatti pagare cifre esorbitanti da vari privati e alla fine non fecero nulla. Non ho rimpianti ma sarebbe stato più bello se tutti avessero remato nella stessa direzione senza fare ostruzionismo, per esempio nel fornire sanitari e così via. Credo che il tutto potesse essere gestito meglio. 

Sei sorpreso che la vostra musica sia ascoltata ancora oggi? Che sia continuamente riscoperta e proiettata ai primi posti delle classifiche di vendita?

Certo. Per la mia generazione, il rock doveva essere una cosa effimera e durare giusto un paio di stagioni. Tutto qua. Negli anni 60 era impensabile che qualcuno proseguisse oltre l’adolescenza e continuasse con la musica. Ovviamente ci sbagliavamo…

Faccio un salto indietro per chiederti cosa pensi oggi del film di Alan Parker, The Wall?

Credo che abbia fatto un lavoro fantastico. Il film doveva essere un live e il ruolo di Alan Parker minore, più da produttore esecutivo. Invece dopo qualche giorno di ripresa si capì che non funzionava così bene. Tutto sommato, considerando che il film fu gestito a distanza da Roger, Alan e Gerald Scarfe, penso sia riuscito piuttosto bene e si possa gustare anche oggi. La recitazione di Bob Geldof è assolutamente sbalorditiva. Eccellente. 

Subito dopo ci fu la registrazione di The Final Cut, che immagino sia stato piuttosto complicato da gestire. Che ricordi hai di quel periodo? E’ stata un’esperienza poco felice? Per anni sembrò essere l’ultima parola sul gruppo…

E’ stato il disco più difficile da realizzare per il gruppo. Abbiamo proprio smesso di lavorare insieme e, forse, avremmo dovuto trattarlo come un lavoro solista di Roger. Per certi versi è anche difficile considerarlo un album dei Pink Floyd. Non posso, però, dire che sia stata un’esperienza negativa (ride), anche perché ho trascorso un sacco di tempo a registrare gli effetti sonori, di cui The Final Cut è zeppo. Stavamo cercando di adoperare la tecnologia “olofonica” con uno strumento che noi chiamammo Ringo, creato in Italia dall’argentino Hugo Zuccarelli. Quando sentimmo i demo del sistema suonavano alla grande, ma temo di non essere riuscito ad ottenere l’effetto voluto. In quel senso il risultato è stato deludente, ma almeno mi sono divertito. Poi bisogna apprezzare l’ottimo lavoro di Michael Kamen (produzione, arrangiamenti, direzione archi, tastiere). Diciamo che non è stato l’album dei Pink Floyd più felice da realizzare… ma non posso farci molto.

Recentemente Clare Torry ha sostenuto che il gruppo non rimase per niente colpito dalla sua performance su The Great Gig In The Sky..

Niente del genere. Ritengo che la versione raccontata da Clare sia ciò che lei pensa di aver visto. Noi amammo subito alla follia ciò che fece quindi mi sorprende un po’ che l’abbia detto. La sua interpretazione ha sicuramente resistito negli anni. The Dark Side Of The Moon, per dirla tutta, non era certo il lavoro in cui non avremmo studiato tutto nei minimi particolari. Non avevamo spazio per materiale che non ci piacesse, neanche che potessimo ritenere solo passabile. Ha detto delle sciocchezze, tutto qua.

Hai realizzato il magnifico disegno della copertina di Relics (1971), storica raccolta dei primi lavori. Ho solo di recente notato che in alto a sinistra si vedono due figure minuscole! Chissà cosa vorranno dire…

(Ride) Non è nessuno. L’idea era quella di dare un senso delle dimensioni della macchina rappresentata in copertina. Lo giuro!

Sei coinvolto nei lavori di archiviazione del materiale Pink Floyd e hai più volte espresso il desiderio di rimettere mano a Animals.

Perché fu registrato a Britannia Row Studios, utilizzando apparecchiature non esattamente sullo stesso livello di ciò che usavamo ad Abbey Road. Era la fine del periodo analogico, poco prima che si cominciasse a sperimentare il digitale; avverto che Animals potrebbe guadagnarci in termini di definizione e brillantezza. Spesso lavorando sul remaster abbiamo trovato dei suoni che si erano persi nel mix.

Sinceramente non riesco a immaginare una versione migliore dell’ultimo remaster di Animals.

Bè, se non verrà meglio sarà lasciato in archivio. Semplice, no? Sicuramente è l’album a cui vorrei lavorare maggiormente.

Magari inserendo come bonus track la versione di gruppo di Pigs On The Wing?

Non lo so, non ci avevo mai pensato, in effetti!

La partecipazione alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra nel 2012.

Il contatto iniziale è opera di Patrick Woodroffe, il tecnico delle luci dell’evento, che ha lavorato parecchio alle Olimpiadi ma anche alle tournée dei Rolling Stones. E’ un mio amico e ora sta seguendo il tour di Saucerful. C’era l’idea di coinvolgere pure Roger e David, ma alla fine solo io accettai e mi chiesero di formare un gruppo ad hoc. Ed Sheeran rispose positivamente, quindi chiamai Mike Rutherford, Richard Jones dei Feeling e suonammo Wish You Were Here, secondo me in modo egregio. L’omaggio alla copertina dell’album durante la nostra esibizione mi ha fatto davvero piacere (un uomo camminava sulla fune per incontrare un manichino, che alla fine del brano s’incendiava come sull’immagine ormai iconica della cover). E’ comunque un bel riconoscimento, no?

Il 31 Agosto 2018 è uscito Unattended Luggage, cofanetto con i tuoi tre lavori solisti. il primo, Fictitious Sports (1981) è assolutamente sottovalutato..

Naturalmente il fatto di considerarlo un mio album solista è quasi una “truffa” (Ride). In realtà sono io con Carla Bley, che ha realizzato gran parte del lavoro. Detto ciò, i fiati sono azzeccatissimi, dato che i suoi arrangiamenti sono sempre incredibili; anche a distanza di tanti anni si ascoltano con grande piacere. Aggiungi che qualsiasi opera cantata da Robert Wyatt è qualcosa di stratosferico a priori! Onestamente sono stato davvero soddisfatto della sua ristampa.

Quale sarà la tua prossima mossa con i Saucerful Of Secrets?

Tanti concerti. Coronavirus permettendo. A oggi sembra che potrebbe sconvolgere abbastanza i nostri piani. Se riusciremo, faremo parecchie date in Europa.

Hai in mente qualche sorpresa nella scaletta?

Se sono sorprese mica posso dirtele, o no? (Ride). Seriamente cercheremo di aggiungere qualcosa rispetto a quello che abbiamo già proposto precedentemente.

C’è qualche brano che non siete riusciti a far funzionare dal vivo. In fondo non è il repertorio più facile del mondo da suonare, anche per rendere credibile lo spirito di un’epoca che molti del pubblico non hanno vissuto.

No, è stata solo una questione di gusti, abbiamo optato per i brani che potessero piacere a più di uno dei componenti. Sono tutti bravi e non mi aspetterei difficoltà a riprodurre roba di 50 anni fa! Catturarne lo spirito è ciò che fanno meglio, specie se penso a Gary, che è cresciuto ascoltando quel materiale. Anzi, credo che lo conosca meglio di me!

Prog Italia Marzo 2020