Aprile 16, 2025
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Il 14 aprile 1969 i Pink Floyd si esibirono alla Royal Festival Hall di Londra con uno spettacolo unico nel suo genere, intitolato The Massed Gadgets of Auximines – More Furious Madness from Pink Floyd. L’evento segnò un importante momento di transizione nella carriera della band, confermandone la volontà di andare oltre la semplice esibizione musicale per approdare a una forma d’arte totale, fatta di suoni, immagini, teatro e suggestioni psichedeliche.

Il concerto era diviso in due parti distinte: The Man e The Journey. Nella prima parte, i Floyd ripercorrevano simbolicamente una giornata nella vita di un uomo, attraverso brani che evocavano il lavoro, il riposo, il sogno. Dopo una breve pausa di quindici minuti, iniziava The Journey, una suite che conduceva lo spettatore in un viaggio immaginifico attraverso mondi onirici e surreali.

Proprio durante The Journey, la band mise in scena uno degli episodi più teatrali della serata: un enorme mostro marino argentato comparve tra il pubblico, strisciando lentamente lungo i corridoi, toccando lievemente le spalle degli spettatori prima di salire sul palco. Una volta lì, si avvicinava ai fiori posizionati sul bordo della scena, li osservava incuriosito, per poi scomparire tra le quinte. Un momento che racchiudeva perfettamente lo spirito sperimentale del gruppo in quel periodo: un connubio di musica, teatro e pura immaginazione visiva.

Il giorno seguente, Nick Mason commentò così l’esperienza:

“Mi ha sorpreso quanto sia stato popolare il concerto. Non immaginavo che avrebbe fatto registrare il tutto esaurito in così poco tempo. Pensavamo di fare un secondo concerto come i Cream, ma significa suonare quattro ore in una sera e nella prima parte uno è portato a tenersi, semplicemente per risparmiare energie, e nella seconda uno è inevitabilmente stanco, così che nessuna delle due è molto soddisfacente. In fondo sono contento dello spettacolo di ieri sera; è stato senz’altro un passo importante per noi come gruppo. Mi ricordo lo spettacolo di due anni fa alla Queen Elizabeth Hall, quando presentammo il nostro primo sistema di sound ‘fantastico’ e pensammo tutti che era esattamente quello che volevamo. Ma le cose cambiano, e questo concerto è stato essenziale esattamente quanto lo fu quell’altro, e da allora abbiamo cambiato molte delle idee sul tipo di musica che vogliamo suonare.”

E aggiunse una riflessione tecnica:

“Una cosa che ho sentito è che forse siamo troppo complicati tecnicamente. Per esempio il sistema Azimuth Co-ordinator avrebbe potuto essere migliorato semplificandolo, mettendo diciamo quattro casse intorno alla sala invece di sei. Sono sicuro che molti spettatori non riuscivano a distinguere tra gli altoparlanti. La scena dei passi è stata perfetta. Se potessimo sviluppare questo tipo di effetto in una azione scenica migliore e ancora più ampia senza che questo comporti troppo impegno tecnico, saremmo proprio sulla strada giusta.”

Un dettaglio curioso e affascinante che emerge da alcune registrazioni del concerto riguarda una frase che si può udire tra la fine del brano Nightmare e la reprise di Daybreak: “How can you have any pudding if you don’t eat yer meat?” — una tipica espressione che molti genitori rivolgono ai figli per convincerli a mangiare in modo coercitivo, usando il dolce come leva di ricatto.

Questa semplice frase domestica, apparentemente insignificante, riaffiorerà dieci anni dopo, nel 1979, come uno dei momenti più iconici dell’album The Wall. In Another Brick in the Wall, Part 2, viene gridata da un’insegnante autoritaria in un contesto completamente diverso, caricata di significato sociale e politico. È il segno di come, già nel 1969, i Pink Floyd stessero elaborando tematiche che avrebbero trovato piena maturazione solo un decennio dopo. Quella frase, catturata forse per caso, diventa il simbolo della repressione educativa, della ribellione adolescenziale, e infine dell’alienazione dell’individuo: temi centrali in The Wall.

Il concerto del 14 aprile 1969 alla Royal Festival Hall non fu solo una sperimentazione teatrale e sonora, ma un tassello essenziale nel percorso artistico della band. Un momento in cui i Pink Floyd, ancora immersi nella psichedelia, cominciavano già a costruire l’architettura concettuale delle loro future opere.

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