Marzo 11, 2025
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L’intervista rilasciata da Gary Kemp al canale YouTube Classic Album Review offre uno sguardo penetrante nel mondo creativo di un artista eclettico e intellettuale. Pur toccando numerosi temi, il focus dell’intervista si concentra sul nucleo emotivo e artistico che ha sempre contraddistinto i Pink Floyd, dalla poetica di Syd Barrett alle complesse dinamiche interne della band, fino alle riflessioni critiche su un genere in continua evoluzione.

Il processo creativo e il valore della sofferenza

Kemp sostiene che le difficoltà personali siano una fonte imprescindibile di ispirazione. Secondo lui, le esperienze di sofferenza e le questioni irrisolte rappresentano il terreno fertile su cui nascono le canzoni più autentiche. Come afferma:

“Penso che la maggior parte, e probabilmente alcune delle migliori canzoni che scrivo, nascano quando ho delle problematiche; arrivare senza alcun problema, ossia risolverli tutti, non è davvero favorevole alla scrittura di canzoni.”
E continua, sottolineando il legame tra il dolore e la grandezza artistica:
“…senza problematiche non avremmo mai avuto ‘Blue’ di Joni Mitchell, non avremmo mai avuto ‘Blood on the Tracks’ di Bob Dylan, album tutti intrisi di dolore, non è vero?”

Dalle disillusioni degli anni ’70 alla scrittura autobiografica

Kemp riflette su come, nei primi anni ’70, la delusione per la morte del sogno hippie abbia spinto molti artisti verso una scrittura più personale e autobiografica.

Mi chiedo spesso se quella tendenza verso una scrittura così personale sia nata nei primi anni ’70 a causa della delusione, o della disillusione, per la morte del sogno hippie o dell’ideale hippie; forse è stato merito di quei cantautori del Laurel Canyon, al 100%. Voglio dire, la differenza tra la scrittura di Graham Nash negli anni ’60 e quello che ha scritto negli anni ’70 è stata molto evidente…

“The Destination”: un album di mezza età e riflessione

Kemp descrive il suo album “The Destination” come un lavoro intensamente personale, un viaggio interiore che esplora il tema del cambiamento e della consapevolezza dell’invecchiamento.

“Penso che, passati solo pochi anni e adesso con questo album, siano decisamente opere che parlano dell’essere di una certa età, e a questa età, come vediamo nella traccia di apertura ‘Borrow Town’, si parla del non essere più il capo della città, giusto? Non si è più in cima all’onda della città…”

Influenze eclettiche e la ricerca di identità

L’intervista rivela come Kemp abbia assorbito una vasta gamma di influenze: dal metal di AC/DC al punk di Generation X, dal soul di Al Green e Marvin Gaye alla complessità della musica progressive con Yes e Genesis.

“…per me sì, c’era Bowie, c’era anche i Roxy Music e penso che Brian Ferry sia stato altrettanto influente sulla scena New Romantic quanto lo era Bowie…”
“…la band che, penso, mi ha fatto desiderare più che mai di far parte di un gruppo è stata Generation X. Ho trovato Billy Idol fantastico, li abbiamo seguiti ovunque, ma io amo The Melodies e amo quell’atteggiamento pop, e ho sempre pensato che fosse una stella, sì sì.”

Produttori, evoluzioni e direzioni musicali

Il ruolo dei produttori, in particolare figure come Trevor Horn e Phil Spector, emerge come un elemento cruciale nel definire l’identità sonora delle band. Kemp racconta un episodio in cui il controllo maniacale di Trevor Horn rischiò di compromettere l’integrità del gruppo:

“…ma Trevor lo ha pressato duramente per due giorni e penso davvero che, per quanto bravo sia, gli piace avere molto controllo, soprattutto in quel periodo con la sezione ritmica, usando i Fairlight e altro, e ha cercato di farci perdere John, ma noi abbiamo rifiutato, è stato un punto di rottura, davvero, e siamo andati avanti…”
D’altro canto, l’ammirazione per Phil Spector emerge nonostante il suo carattere controverso:
“Penso, sai, che è interessante perché… beh, amo quegli album di Natale di Phil Spector e tutto il resto, ma più leggevo su di lui, più emergeva come un personaggio terribile, oh mio Dio, senza ombra di dubbio. Ma, sai, lui avrebbe sempre potuto fare solo un album in stile ‘Phil Spector’, avrebbe potuto fare solo un disco da Phil Spector…”

Pink Floyd, Syd Barrett e il legame infrangibile

Una parte significativa dell’intervista è dedicata al ricordo e all’influenza di Syd Barrett. Kemp racconta di aver scoperto i Pink Floyd grazie a un amico e di essersi appassionato seriamente alla band con “Dark Side of the Moon”. L’influenza di Barrett, con il suo inconfondibile look e la sua capacità di creare atmosfere psichedeliche, ha lasciato un segno indelebile:

“…Syd cambiò così tanto e influenzò così tante persone, sai, abbiamo parlato di come Bowie e Ferry siano stati una grande influenza negli anni ’80, mentre Syd fu una grande influenza negli anni ’70 e, nonostante non fosse presente, uno dei più grandi album dei Pink Floyd parlava di lui, naturalmente, sì sì, ma… è davvero una buona idea concentrarsi su Syd Barrett, dato che quando se ne parla, la sua storia viene vista in molti modi come una vicenda tragica…”
“…persino lo stile chitarristico di David, quel lungo uso dei delay con i suoi pedali effetti, gli fu trasmesso perché Syd aveva iniziato quel lavoro, sì, ed è così che… sai, insomma, lui non se ne è mai andato…” “Per me, Roger Waters è un ‘tricky guy’: un artista che, pur nutrendosi dell’eredità tormentata di Syd, ha saputo trasformare quella fragilità in una forza creativa unica, evocando la presenza di Syd come se fosse ancora nella stanza per dare vita a capolavori.”

In questo contesto, l’affermazione di Kemp su Roger Waters assume un significato particolare. Definendolo “a tricky guy”, l’artista suggerisce che Waters, conscio della tragica eredità di Syd, avrebbe saputo utilizzare quella fragilità creativa come leva per innovare e mantenere viva l’essenza dei Pink Floyd. Un’affermazione che, pur ammantata di ironia, rivela la complessità del rapporto tra i membri della band e l’influenza di un passato impossibile da dimenticare.

Il declino del Rock and Roll e l’evoluzione dei generi

Infine, Kemp affronta il tema del rock and roll, interrogandosi sulla sua attuale rilevanza in un panorama musicale in continua evoluzione.

“…quanto è sano, beh, il rock and roll… in realtà, la domanda è diretta, perché non si chiede quanto è sana la musica pop, ma quanto è sano un particolare genere, ossia il rock and roll, e io penso che certamente non sia più un genere importante…”

L’intervista a Gary Kemp si configura come un viaggio affascinante attraverso le sfumature della creatività e della storia musicale, con un occhio di riguardo ai Pink Floyd. Dalle dinamiche del processo creativo alla valorizzazione del dolore come fonte di ispirazione, passando per il tributo a Syd Barrett e la controversa definizione di Roger Waters, Kemp offre spunti di riflessione che illuminano non solo il percorso personale degli artisti, ma anche l’evoluzione di un genere che ha segnato intere generazioni.

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