
Il 3 febbraio 2025 è stato pubblicato Piper Club. Tempio del beat di Corrado Rizza, un volume che ripercorre la storia di uno dei luoghi più iconici della scena musicale e culturale italiana: il Piper Club di Roma. Questo libro non è solo una raccolta di ricordi, ma un viaggio attraverso un’epoca in cui la musica e la gioventù stavano ridefinendo la società.
Inaugurato il 17 febbraio 1965 in Via Tagliamento, il Piper Club non era un semplice locale notturno, ma un laboratorio di innovazione artistica e musicale. Nato dalla visione di Alberigo Crocetta e Giancarlo Bornigia, lo spazio venne trasformato da un ex cinema non agibile in una fucina culturale. Gli interni furono decorati con opere di artisti d’avanguardia come Andy Warhol, Piero Manzoni, Mario Schifano e Mario Cintoli, rendendolo un punto di riferimento per la vita mondana e l’arte contemporanea.
Crocetta immaginava il Piper come un “flipper umano”, un luogo dinamico e caotico in cui i giovani si muovevano come palline impazzite in un caleidoscopio. Questa concezione si rifletteva nella programmazione del locale, sempre alla ricerca di suoni e tendenze innovative, diventando un’icona della trasformazione culturale dell’Italia degli anni ’60.
Il Piper non era solo un club, ma un simbolo di emancipazione giovanile. I pomeriggi danzanti offrivano ai giovani un’opportunità di aggregazione, lontani dalle convenzioni sociali tradizionali. Qui si assisteva a un cambiamento epocale, dove la trasgressione non era solo ribellione, ma un nuovo modo di essere e vivere la musica.
Molti artisti che sarebbero poi diventati icone della musica italiana e internazionale hanno mosso i primi passi sul palco del Piper. Renato Zero e Patty Pravo sono tra i nomi più noti, ma il club ha anche ospitato band internazionali leggendarie come i Pink Floyd, Procol Harum, Genesis, David Bowie e The Who. La sua influenza si estese ben oltre i confini italiani, diventando una tappa imprescindibile per il rock emergente dell’epoca.
Il 18 e 19 aprile 1968, i Pink Floyd si esibirono al Piper in un periodo in cui erano ancora relativamente sconosciuti in Italia. Avevano pubblicato solo un album, The Piper at the Gates of Dawn, ma già mostravano le caratteristiche della loro estetica psichedelica. Il locale stesso, descritto come “quella strana grotta con una lunga scala per accedervi”, contribuiva a creare un’atmosfera surreale e avanguardistica.
Un aneddoto racconta di come i Pink Floyd arrivarono al Piper “a piedi scalzi e con i primi capelli afroamericani che si fossero visti in giro”, lasciando sbalorditi i tecnici della Rai. La loro presenza e la loro musica anticipavano la rivoluzione psichedelica che avrebbe caratterizzato gli anni a venire.
Uno degli aspetti più suggestivi del libro di Rizza è il ritrovamento di una busta contenente fotografie inedite scattate al Piper. Il fotografo Stefano Pogelli ha scoperto queste immagini con l’annotazione “Pink Floyd, Piper Club, Piero…”. Questo ritrovamento testimonia l’importanza storica e artistica del club, con immagini che evocano un’epoca irripetibile.
La riflessione finale dell’autore sul valore della memoria visiva aggiunge una nota poetica: “Gli atomi di quello che siamo stati, di ciò che abbiamo amato viaggeranno alla rinfusa, sparpagliati, verso Alfa Centauri e Vega, Andromeda e Sirio… il buio… il freddo… lo spazio… Let there be more light…”.
Il Piper Club non è stato solo un locale, ma un crocevia di creatività, ribellione e innovazione. La sua storia e le sue leggende, raccontate nel libro di Corrado Rizza, continuano a influenzare la cultura contemporanea. Attraverso documenti, testimonianze e fotografie, il volume restituisce il ritratto di un’epoca irripetibile, in cui la musica e l’arte si fondevano per creare qualcosa di straordinario. Il Piper è stato il cuore pulsante di una generazione e il suo battito risuona ancora oggi.
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La storia di quella parte del mondo musicale italiano che voleva diventare internazionale. Credo ci siano riusciti. Ma la magia degli anni 60 e 70 è rimasta al palo, un po’ come il mondo del resto. Ieri i Pink Floyd e oggi Baby K. Solo una questione di gusto?
Complimenti di nuovo per questo articolo molto interessante.
Grazie!