
Roger Waters è stato recentemente citato in giudizio per diffamazione da John Ware, giornalista e documentarista britannico. La causa legale nasce da alcune dichiarazioni fatte da Waters durante un episodio del programma The Stream, trasmesso da Al Jazeera.
Durante la trasmissione, Waters ha definito Ware un “pro-sionista, pro-genocida”, accusandolo di “fare il tifo per il genocidio del popolo palestinese” a Gaza. Inoltre, ha descritto Ware come un “noto bugiardo e manipolatore”.
Queste dichiarazioni erano una risposta al documentario The Dark Side of Roger Waters, prodotto da Campaign Against Antisemitism e curato dallo stesso Ware. Il documentario esplora le accuse di antisemitismo rivolte a Waters, analizzando le sue dichiarazioni e il suo attivismo politico.
John Ware, tramite il suo avvocato William Bennett, ha respinto le accuse di Waters, affermando che il documentario non conteneva nulla che potesse far pensare a un sostegno al genocidio. Ha inoltre sottolineato che criticare le posizioni politiche di Waters sulla Palestina non significa automaticamente sostenere il genocidio.
La trasmissione in questione è andata in onda il 15 e 16 febbraio dell’anno scorso in una prima versione, mentre una seconda versione, con alcune modifiche, è stata trasmessa il 17 febbraio e poi caricata su YouTube fino al 1° maggio, quando è stata rimossa. Nella seconda versione del programma, Al Jazeera ha eliminato alcune dichiarazioni di Waters, come l’accusa a Ware di “fare il tifo” per il genocidio, mentre ha mantenuto il termine “pro-genocida”.
La causa si concentra su due aspetti fondamentali: il significato delle dichiarazioni di Waters e la loro interpretazione “naturale e ordinaria”, ma anche la distinzione tra fatti e opinioni, ovvero se le sue parole possano essere considerate diffamatorie o rientrino nella libertà di espressione.
L’avvocato di Waters, Adam Wolanski, ha difeso il musicista sostenendo che le sue parole, pur essendo “molto dure”, riflettevano opinioni già note e consolidate sulle sue posizioni su Israele. Al Jazeera, rappresentata dall’avvocato Jane Phillips, ha dichiarato che il documentario di Ware “non ha risparmiato colpi” e che Waters ha risposto con altrettanta durezza. Secondo la difesa, per il pubblico era chiaro che si trattava di opinioni personali.
Waters considera queste critiche parte di un attacco alle sue posizioni politiche sulla Palestina e continua a sostenere che il dibattito intorno a lui sia motivato da divergenze ideologiche più che da reali accuse di antisemitismo. Il giudice emetterà una decisione in un momento successivo, valutando il peso delle dichiarazioni di Waters e le implicazioni legali della causa.
Questo caso si inserisce in un dibattito più ampio che coinvolge la libertà di espressione, la critica politica e i limiti della diffamazione, con Waters ancora una volta al centro di una controversia che va ben oltre la musica.