Foto © Matteo Casilli
Tra i tanti tributi che la musica continua a offrire a Syd Barrett, una figura tanto brillante quanto enigmatica, Sydereal di EUGENE si distingue per profondità e originalità. L’artista italiano ha scelto di rendere omaggio al fondatore dei Pink Floyd con un EP che non è solo una celebrazione, ma un viaggio psichedelico attraverso il suo immaginario. Lo abbiamo intervistato per scoprire cosa si cela dietro questo progetto.
Partiamo con la più banale delle domande. Perché questo tributo a Barrett? Anche se non è il primo, avevi già partecipato alla compilation Love You di qualche anno fa.
“Love You – a tribute to Syd Barrett” è stata senz’altro la scintilla che ha dato il via, grazie all’invito di Nino Gatti dei Lunatics e di Dario Antonetti che conoscevo per via di un mio progetto live dedicato ai primi anni dei Pink Floyd. La compilation è come si usa dire nella pittura o nella fotografia, una mostra collettiva: ma in quel periodo avevo già l’idea di realizzare la mia piccola “personale”. Sydereal è arrivato così, spontaneamente guidato dall’amore per l’arte di Syd e dalla curiosità che mi spinge a fare musica senza necessariamente seguire lo schema della canzone pop.
In tutte e quattro le canzoni hai dato una nuova vita ai brani con uno stile molto ambient andando a toccare vette psichedeliche, senza stravolgere le versioni originali. Come sei riuscito a rimanere “fedele” ai brani?
Amo il suono, mi fa viaggiare con la mente e i sensi, è una cosa che mi accompagna da quando ero bambino. Mi perdo e mi incanto a lungo nei dettagli, forse questa specie di focus è strettamente connesso alla musica psichedelica. Sono consapevole di aver modellato i miei suoni intorno a una scrittura visionaria, provando a far sì che quelle “visioni” non andassero mai via.
Parliamo di Astronomy Domine. Da quello che abbiamo ascoltato c’è un lavoro maniacale sulla parte vocale.
Inizialmente avevo pensato a un arrangiamento per sole voci, ne avevo incise circa una sessantina! Alcune di esse erano state trattate con un’eco a nastro ed altre ancora passate attraverso vocoder e harmonizer. L’idea principale era quella di raggiungere un suono avvolgente, quasi cinematografico. Per comodità durante le incisioni, anziché utilizzare il metronomo, avevo registrato una sezione ritmica molto elementare composta da una drum machine e una linea di basso con un sintetizzatore Moog. Poi, durante il mix ho deciso di mantenere la ritmica per far pulsare di più il brano, in contrasto con quella miriade di voci, per descrivere un senso di animazione sospesa tra le stelle.
Con che criterio hai scelto le canzoni da interpretare?
Mi sono lasciato andare molto istintivamente, in realtà. La prima che avevo in lavorazione era “Astronomy Domine”, poi ho interrotto per realizzare “Love You” da inserire nella compilation di cui parlavamo, subito dopo sono arrivate “Effervescing Elephant” e “Golden Hair” e infine ho chiuso i mix rifinendo alcuni dettagli di “Astronomy”. È stato come dopo aver fatto un sogno, quando cerchi di comprenderne il significato. La spiegazione che mi sono dato è legata al senso di ritmo narrativo, all’alternanza di drammaticità e leggerezza di pari passo con le timbriche sonore.
Nell’artwork c’è un diamante al centro di circuiti elettronici. Puoi spiegarci meglio il significato?
Dal 1975 in poi il diamante ha assunto un solo significato per i fan dei Pink Floyd! Nell’artwork volevo Syd al centro di tutto, ecco il motivo. I componenti del circuito sono il simbolo della tecnologia, ma non funziona nulla se non con la presenza del “crazy diamond”, come se avessimo messo insieme elettronica e alchimia. Sembra strano ma stiamo parlando di musica, no? Quindi dovrebbe tornare tutto!
Andando a scavare nella tua carriera c’è un’altra connessione che ti lega ai Pink Floyd. I Britannia Row Studios.
Nella primavera del 2010 mi capitò una cosa incredibile, venni chiamato a registrare le tastiere per i For All My Valentines, una band prodotta da James Loughrey, all’epoca di base proprio ai Britannia Row. Registrai delle parti di piano acustico, Fender Rhodes e organo Hammond C3: proprio durante le incisioni dell’organo notai che una delle modalità di vibrato somigliava a una specie di codice Morse e riportai questa mia osservazione a uno dei tecnici, che mi rispose senza scomporsi minimamente che era una modifica realizzata su richiesta di Richard Wright durante le incisioni di “The Division Bell”. Ti lascio immaginare la mia reazione, da fan prima di tutto! Mi colpì molto anche trovare e poter utilizzare quel modello di cuffie che avevo visto per anni solamente sui libri, nelle foto dei Pink Floyd in studio e dal vivo nel tour di “The Wall” 1980-81.
Ci sarà la possibilità di ascoltare Sydereal anche su supporto fisico? I fan floydiani sono vecchio stile!
È stata realizzata una serie super limitata di promo CD, ma non escludo il vinile in formato 10” per una eventuale release ufficiale. I floydiani saranno i primi ad essere avvertiti!
Puoi dirci se hai altri progetti imminenti o in cantiere?
Al momento sto terminando la stesura del mio nuovo album di inediti, previsto in uscita nella seconda metà di quest’anno: alcuni brani sono già pronti e per me sono il seguito ideale di “Seven Years in Space”, il mio lavoro precedente. In parallelo, sto collaborando al progetto NDGN con Andy (Bluvertigo) sia in studio che live. Ma non esagero, credimi, se ti dico che questa è solo la punta dell’iceberg!