Il 20 novembre 1971, il Taft Auditorium di Cincinnati divenne teatro di un momento irripetibile nella storia dei Pink Floyd. Il concerto, inizialmente previsto per il 30 ottobre, era stato posticipato per motivi organizzativi, ma questo slittamento rese l’evento ancora più significativo: fu l’ultima tappa del loro tour americano del 1971 e l’ultima volta che due brani simbolo della band, Cymbaline e The Embryo, vennero eseguiti dal vivo.
La scaletta: un ponte tra passato e futuro
Sin dal 1969, Cymbaline e The Embryo avevano rappresentato pilastri dei concerti dei Pink Floyd, incarnando lo spirito onirico e sperimentale che contraddistingueva le loro performance. Quella sera, però, il destino volle che The Embryo fosse protagonista di un’improvvisazione senza precedenti. Durante l’esecuzione, Richard Wright incontrò un problema tecnico al suo organo, costringendo Roger Waters, David Gilmour e Nick Mason a riempire lo spazio con una lunga sezione improvvisata.
Il risultato fu straordinario: The Embryo divenne una suite di circa mezz’ora, la più lunga mai eseguita, durante la quale i Floyd intrecciarono temi musicali che sembravano anticipare il futuro. Tra questi, un chiaro accenno al tema di Breathe, brano che sarebbe stato pubblicato nel 1973 nell’album The Dark Side of the Moon. Questo dettaglio alimenta una riflessione cruciale: l’evoluzione del sound dei Pink Floyd era già in atto, segno di un laboratorio creativo incessante.
Dalle sessioni di Meddle a The Dark Side of the Moon
È noto che, durante le sessioni di registrazione di Meddle, i Pink Floyd avevano adottato un metodo di lavoro sperimentale, basato sulle cosiddette “Nothing”, frammenti musicali nati da jam session collettive. Questo approccio aveva portato alla creazione di Echoes, ma anche alla nascita di idee che sarebbero maturate negli anni successivi. Non è un caso che Brain Damage, uno dei brani centrali di The Dark Side of the Moon, fosse già stato composto in quel periodo, pur senza trovare spazio in Meddle.
La presenza del tema di Breathe durante l’improvvisazione di Cincinnati suggerisce che altre intuizioni musicali emerse in quelle sessioni abbiano trovato sbocco solo più tardi, consolidandosi nel capolavoro del 1973.
Il respiro di un’epoca
Il concerto di Cincinnati del 20 novembre 1971 non è solo l’epilogo di un’era, ma anche il segno tangibile di una transizione artistica. Mentre salutavano due dei loro brani più iconici, i Pink Floyd gettavano le basi per il futuro, mescolando istinto, improvvisazione e visione. In quella sera unica, i “respiri” di Cincinnati hanno attraversato il tempo, anticipando la grandezza di ciò che sarebbe venuto.
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