Novembre 7, 2024
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Il 30 ottobre 1971, i Pink Floyd pubblicavano il loro sesto album in studio, Meddle. Questo album rappresenta un punto di svolta nella carriera della band, segnando il passaggio da un sound prevalentemente psichedelico a un rock progressivo, per arrivare ad uno più maturo e sperimentale. Un percorso che sembra fatto di gradini, che parte da A Saucerful Of Secrets, passa per Atom Heart Mother e arriva qui a Meddle, nel punto più alto. Anzi per essere precisi il punto più in alto è la traccia “Echoes”, un’opera epica di oltre 23 minuti che occupa l’intero lato B del disco.

Questa canzone è un perfetto esempio della capacità dei Pink Floyd di creare atmosfere sonore complesse e ipnotiche, un viaggio sonoro che esplora varie dimensioni. Dopo l’introduzione, che con un semplice “ping” crea una sensazione di spazio aperto con un’atmosfera ipnotica, arriviamo alla parte cantata da David Gilmour e Richard Wright. La loro melodia vocale, sostenuta da armonie sottili, aggiunge una sensazione eterea e sognante per poi sgorgare in un interludio psichedelico con una sezione sperimentale di suoni estranei e ambientali. La canzone chiude ritornando al tema iniziale, con una progressione verso una coda potente e trascendente. Il testo di “Echoes” è altrettanto complesso e poetico ed esplora temi di connessione umana e introspezione, con un linguaggio suggestivo e simbolico che possiamo riassumere sinteticamente in tre punti fondamentarli con l’immagine dell’albatros, che rappresenta una sorta di osservatore tranquillo e distante, simbolo di libertà e spiritualità (overhead the albatross hangs motionless upon the air). L’eco di un tempo distante che evoca un senso di nostalgia e riflessione su memorie lontane (the echo of a distant time comes willowing across the sand) e gli sguardi degli sconosciuti che si incrociano che esprimono l’idea che le connessioni umane, anche quelle fugaci, possano essere significative e profonde (strangers passing in the street, by chance two separate glances meet). “Echoes” rappresenta un’odissea musicale che non solo mette in mostra l’abilità strumentale e compositiva dei Pink Floyd, ma anche la loro capacità di creare paesaggi sonori emotivi e lirici. È un esempio perfetto di come la band potesse fondere musica e testo per creare qualcosa di veramente unico e significativo. Avvolgente, profonda e sempre attuale, è l’anticipo di The Dark Side Of The Moon.

Singolare e prolifico il modus operandi usato dalla band per la registrazione di Meddle, con l’uso delle famose parti battezzate Nothing, che sono confluite in gran parte proprio in Echoes e One Of These Days, ma che purtroppo ad oggi abbiamo potuto ascoltarne solo una, la parte 14 pubblicata nel box The Early Years. La vera speranza è che, con la vendita del catalogo, un giorno si possa avere il piacere di ascoltare tutte queste parti e magari scoprire che all’interno di quelle non usate ci sia la base di qualche canzone pubblicata successivamente perché Meddle è molto più vicino a The Dark Side Of The Moon di quanto si creda.

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