Dicembre 3, 2024
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Pre Concerto
Venerdì 27 Settembre 2024. Aspettavo questo giorno da troppo tempo. Nonostante la mia passione (o ossessione decidete voi) per i Floyd, non sono mai riuscito a vedere Gilmour dal vivo. Nel 2006 non riuscii a trovare un biglietto per Firenze, nel 2015 le date non mi erano favorevoli e nel 2016 mi sposai il 9 di Luglio, quindi se ricordate le date capirete che non era possibile partecipare. Anche con il biglietto in mano, per la data di venerdì scorso ho avuto non pochi problemi. Mercoledì ero con 39 di febbre, ma tra una tachipirina e un antibiotico ho affrontato la trasferta tra i ritardi dei treni italiani e sono arrivato a Roma intorno all’ora di pranzo. Dopo un selfie al Colosseo e uno spaghetto cacio e pepe, mi sono diretto verso il Circo Massimo. L’obiettivo era entrare presto per evitare file e soprattutto ascoltare il soundcheck. Alle 17, dopo i canonici controlli, sono entrato nel foyer per iniziare ad assaporare l’odore di concerto, anche se l’odore più intenso era quello dei panini che già sfamavano i primi arrivati. Mi sono fiondato direttamente al gazebo del merchandising e ho preso una scatolina con cinque plettri e il tour book. Quest’ultimo non si presenta bene con una copertina diciamo da tesina di terza media, ma il suo interno di circa 40 pagine è molto ben fatto tra belle foto e interviste. Mentre lo sfoglio, seduto sull’erba del Circo Massimo, sento i primi rumori ed inizia il soundcheck che dura una mezz’oretta terminando intorno alle 18. David alla voce soffre, ma alla chitarra è già bello caldo. Decido di prendere il panino e andare verso il mio ingresso per mettermi seduto e aspettare con una leggera ansia l’inizio del concerto. Il Circo Massimo si sta pian piano riempiendo. Noto che come era prevedibile la nazionalità degli spettatori è molto variegata, dalla Germania alla Grecia, dalla Danimarca alla Francia. I più coraggiosi hanno la maglietta di Roger Waters, altri quella di Rattle That Lock. I più vintage quelli che indossano quella di The Division Bell, ma risulta leggermente attillata, d’altra parte l’età avanza insieme alla pancia. L’età media è alta, ma alcuni giovani riescono ad abbassarla, dando anche un po’ di speranza per il futuro.
Primo Set
Alle 21 la temperatura è giusta per un concerto di fine settembre, e l’atmosfera con uno sguardo all’antica Roma è suggestiva. Ci siamo, le luci si abbassano e iniziano le prime urla e i primi applausi. Una luce rossa illumina David che con la sua Black Cat Strat parte con 5 AM, a seguire Black Cat accompagnato da Gentry alle tastiere. Arriva il momento di Luck And Strange, la voce di David soffre leggermente le parti alte, ma scorre molto bene. E’ il momento di una piccola sezione da The Dark Side Of The Moon con Speak to Me, Breathe (In the Air), Time e Breathe (Reprise). Su Breathe Worsley è alla slide, lasciando Gilmour più libero e concentrato per il canto. Time è accompagnata dal video di Ian Emes che tutti conosciamo e come nel tour precedente la parte vocale di Wright è affidata a Phillinganes. E’ forse la canzone di tutto il concerto dove la voce, al 100% naturale, di Gilmour soffre l’età anagrafica. Finita questa mini suite è il momento di Fat Old Sun. Lo schermo diventa color arancio e Gilmour parte con l’acustica prima di arrivare al momento del solo, cambia chitarra e imbraccia la Workmate. Delirio, delirio assoluto. Un assolo fenomenale che potrebbe non finire mai. Questo risulterà, per chi vi scrive, il momento più alto del concerto. Da segnalare che nel cambio della chitarra, Gentry suona un assolo all’hammond che non fa rimpiangere nessuno. Il giovane tastierista è sicuramente il miglior acquisto della nuova band di Gilmour. Come se non bastasse arriva Marooned, un brano che non si è mai ben capito perché sia stato suonato solo 3 volte dal vivo. Per non farsi mancare niente arriva Wish You Were Here che finalmente non risulta banale come le volte precedenti con un finale affidato al piano di Phillinganes che accenna ad un passaggio tendente al blues. E’ il momento della presentazione della band e un emozionato Gilmour chiama proprio sul palco la figlia Romany che non sente il peso dei suoi 22 anni e partono subito con Vita Brevis che come nel disco ha la sola funzione di introdurre Between Two Points. Romany la canta divinamente, il brano scorre in maniera perfetta ricevendo un caloroso e meritato applauso. Si sentono delle campane ed è arrivato il momento di High Hopes accompagnato dal videoclip originale del 1994 con la sorpresa di una decina di palloni bianchi, riprodotti fedelmente con il simbolo dei Pink Floyd, che vengono lanciati dai lati del palco verso le prime file, accompagnando la slide di Gilmour.
Secondo Set
Circa 25 minuti di pausa ed arriva il momento di una Sorrow potente che dura oltre 10 minuti. A seguire The Piper’s Call, un duetto tra padre e figlia, anche questo molto apprezzato dal pubblico. Ripescata dal tour di On An Island, arriva il momento di A Great Day For Freedom che però non risulta noiosa come di solito. Il finale è un lungo assolo alternato tra Gilmour e Worsley, dove quest’ultimo si dimostra molto bravo anche se forse un po’ teso. Succede quando suoni con un “mostro sacro” come mr. David Gilmour. Worsley è bravo anche nel brano successivo, In Any Tongue, dove in questo caso aiuta con la voce il suo capo. La canzone è accompagnata dal video di Danny Madden e il fischio è affidato a Romany. Il concerto cala d’intensità con The Great Gig In The Sky dove al piano Louise Marshall mostra le sue abilità con le dita, oltre che con la voce. Pratt al contrabbasso e Gilmour alla slide. Le Webb Sisters insieme a Romany fanno la parte vocale in coro, ma non riescono ad entrare nelle vene del pubblico. Segue A Boat Lies Waiting, omaggio a Richard Wright, con lo stesso mood al lume di candela del brano precedente, ma molto più toccante soprattutto quando Gilmour si unisce al coro e tutti insieme, escluso Betts, in perfetta armonizzazione generano un climax intimo e toccante. Arriva il turno di Coming Back To Life e Gilmour invece di partire con la chitarra inizia a cantare. Interrompe tutto chiede scusa ed esclama: “Nessuno è perfetto!” La canzone riparte senza intoppi. Ci avviamo verso la fine con Dark And Velvet Nights, qui la band si diverte, sembra essere la canzone dove c’è più affiatamento. Arriva il momento di Scattered, canzone sentita da Gilmour, si vede nel suo sguardo concentrato. Scorre più lenta che nella versione del disco ed è accompagnata da un immagine di un orologio a simboleggiare il tempo che va avanti. Grande assolo, ma meno diretto rispetto alla versione in studio.
Encore
Chiusura da cardiopalma. Il pubblico si alza e corre alle transenne, sale in piedi sulle sedie e canta tutta la canzone a squarciagola, è il momento di Comfortably Numb. Le luci si intrecciano nel cielo romano e Gilmour si lancia nell’assolo eseguito impeccabilmente.
Conclusioni
Gilmour si presenta un po’ stanco e forse anche un po’ teso per il vero debutto della figlia. La voce non è quella degli anni d’oro, ma si fa aiutare da un ottima band. Alla chitarra è indiscutibile, non ricalca perfettamente le cose già fatte in passato, ma delizia in maniera energica. Il concerto è nettamente potente nella prima parte, mentre nella seconda risulta più lento. I brani nuovi, molto probabilmente, hanno bisogno di un rodaggio molto più lungo mentre le esecuzioni dei vecchi brani sono di un livello alto. Va detto che anche le canzoni meno riuscite, come A Great Day For Freedom, risultano fresche e piene di brio. Insomma caro David nessuno è perfetto, ma qualcuno ci va vicino!

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